Essere smart

Viste le recenti uscite sui social in materia di remote working, sento la necessità di condividere con voi una serie di pensieri e di considerazioni che mi frullano nella testa. Il momento storico è particolarmente delicato, la stretta morsa della pandemia si sta allentando e all’orizzonte vediamo la luce. Ma non solo, l’imminente (e chi lo sa in realtà) e totale apertura delle attività spingerà a fare i conti con una scelta tra un “ritorno al passato” o un vero e proprio “rinnovo”.

Nemmeno una pandemia riesce a farci cambiare per il verso giusto

Si leggono esternazioni su quanto i lavoratori dipendenti non siano produttivi o concentrati da casa e, allo stesso tempo, post in cui per alcuni le aziende siano considerate retrograde perché non capiscono il valore aggiunto della pratica del lavoro remoto. Vediamo anche forti critiche a realtà che hanno visto nella pandemia solo una costrizione a vivere una condizione a cui non erano abituate, accuse sulla loro necessità di avere totale controllo delle persone che operano in loco a discapito della salute delle stesse, considerazioni sugli sprechi che potrebbero essere evitati e via discorrendo. Ovviamente da una parte e dall’altra.

Il tono polemico e accusatorio assunto da ambo le parti non porta a nulla e la prima constatazione che mi balza in mente è che nemmeno una pandemia riesce a farci cambiare per il verso giusto. Vale probabilmente in tutti i contesti, ma soprattutto ora viene da chiedersi “perché non stiamo facendo analisi retrospettive sull’accaduto?”. È come se avessimo trattenuto il fiato fino a risalire in superficie e ritornare a respirare. La pseudo conversione culturale che abbiamo affrontato tutti quanti, volenti o nolenti, non è paragonabile a un soffocamento, anzi! È vero che in molti hanno sofferto, tanti non ce l’hanno fatta a superare il momento e tantissimi probabilmente rischieranno di perdere il lavoro. Purtroppo però non possiamo farci nulla direttamente, quindi, per chi ha avuto la fortuna e la forza di passare indenne questo paio di anni, perché non cogliere l’occasione per migliorarsi, per provare a cambiare, per capire le condizioni di tutti gli attori e per fare critiche sì, ma costruttive?

Ancora una volta si finisce sul concetto di cambiamento, non se ne può fare a meno. E nuovamente conflitti sui punti di vista, non per forza complementari ma di certo in contrasto per quanto riguarda il succo centrale della situazione: lavorare fuori dall’ambiente ufficio.

Un datore dovrebbe ragionare ad obbiettivi, ma siamo sicuri che sia sempre corretto affermarlo e che, tra l’altro, sia possibile in ogni caso applicare questo pattern? Un lavoratore dipendente dovrebbe garantire presenza ad orari fissi, indipendentemente da quello che fa, ma siamo sicuri che non ci sia una soluzione migliore? Chi é in team dovrebbe partecipare con gli altri membri nelle stesse fasce di orario, ma se i fusi orari sono differenti? Ho letto su alcuni post che “una grande azienda può definirsi tale se lascia decidere il miglior posto di lavoro al dipendente”, ma siamo certi che tutti i dipendenti vogliano questo e che, più in generale, sia una sentenza corretta in ogni caso? Non so, non ho di certo la conoscenza in mano, ma a mio modo di vedere frasi così dirette e sicure come si leggono qui e là lasciano il tempo che trovano, e si tramutano in critiche non costruttive simil-motivazionali, per fare un po’ di rumore sulle varie piattaforme. Ognuno é e deve essere libero di esprimere il proprio pensiero, ma allo stesso tempo deve essere pronto a ricevere commenti e, sperabilmente, ad affrontare una discussione.

Detto questo, datori e lavoratori dipendenti ne hanno vissute di cotte e di crude. Chi, come il sottoscritto, ha vissuto da entrambi i lati per anni, può capire quanto sia fondamentale eliminare quel muro che si viene a creare tra le parti. Un po’ come vale per DevOps, abbattere i confini, comunicare e condividere, fluidificare, scegliere insieme per il bene e il benessere di tutto e tutti, imparare di continuo dalle esperienze fatte, sono i mantra su cui ogni vita lavorativa dovrebbe basarsi ogni giorno.

Insomma, é vero che lo stress sta uccidendo chi si deve (talvolta) inutilmente recare sul posto di lavoro, spesso lontano. É altresì importante il fatto che il nostro pianeta risenta anche dell’emissione di polveri sottili derivanti dal trasporto autonomo. E infine, é ovvio che il tempo e le energie sprecati per viaggiare rendono chi lavora terribilmente meno performante. Ma vediamo anche l’altra faccia della medaglia: siamo sicuri che lavorare solamente da casa (o da dove ci sentiamo meglio) anche per stare con la nostra famiglia il più possibile, sia veramente la soluzione? Sicuri che la qualità di quel “vedere la nostra famiglia” sia così alta? Dobbiamo pur sempre lavorare e, almeno mio figlio, non é che abbia potuto godersi il suo papà così tanto. Allo stesso tempo, io ho visto in maniera sfocata la sua crescita, non presente mentalmente. Questo non genera stress? Siamo certi che il consumo elettrico, il riscaldamento invernale e il raffreddamento estivo aumentati nelle nostre abitazioni sia così poco dannoso in termini di emissione? Abbiamo tutti controllato che chi ci eroga energia non lo fa, ad esempio, con combustibile fossile? E in inverno, accendiamo magari stufe a pellet, la cui combustione non é per nulla ecosostenibile! Quelle stufe magari potevano starsene spente. Per chiudere, le performance sono migliori evitando gli sprechi della nostra energia in viaggio nel traffico, potendo magari risposare meglio, vero, ma il side effect del lavorare molte ore in più (perché se non si é disciplinati temo si finisca con il lavorare molto più tempo) é proprio quello di ridurre drasticamente le nostre capacità cognitive e di focalizzazione, fatto estremamente deleterio per chiunque lavori con ragionamento, pensiero e creatività.

L’idea è semplicemente basata sul pattern inspect and adapt, ovvero osservare con cura, capire e, sulla base dell’ispezione, adattarsi alla situazione.

Non dico che vi sia una soluzione definitiva e oggettiva. Non ho il sapere in mano, però mi sono fatto qualche idea negli ultimi tempi sulle persone che fanno parte della nostra realtà e i clienti che ho conosciuto. Come spesso accade, seguire la via ibrida, risulta essere la scelta più efficace ad un costo più che accettabile. Ibridazione ed elasticità sono due caratteristiche a mio avviso fondamentali quando si tratta di rapporto di lavoro e di base per poter parlare di smart (termine più che abusato e utilizzato in maniera errata) ma il tutto dovrebbe essere supportato da un modo di vivere l’azienda consapevole da parte di tutti i membri, dal vertice alla base. E una serie di strumenti collaborativi aiuta ancora di più nella comunicazione dello stile di vita in e con l’azienda. L’idea è semplicemente basata sul pattern inspect and adapt, ovvero osservare con cura, capire e, sulla base dell’ispezione, adattarsi alla situazione. Così facendo si ottiene una personalizzazione elevata sul lavoro delle persone, con un equilibrio tra presenza in ufficio e lavoro remoto, partecipazione in team e fusi orari differenti, il tutto a supporto delle esigenze aziendali e personali e supportato da strumenti collaborativi, come chat (slack, Teams, ecc.), strumenti per videoconferenze (zoom, Teams, meet, ecc.), strumenti di gestione attività e sviluppo (Azure DevOps, Trello, Jira, ecc.) e via discorrendo. In fin dei conti, è importante ascoltare le persone per metterle nelle condizioni di lavorare al meglio, a pro dell’azienda e delle persone stesse. Cosa meglio di una soluzione ibrida può supportare questo?

Concludendo, abbiamo gli strumenti, possiamo affrontare tutto quanto descritto con un cambiamento culturale graduale e non da farsi tutto e subito, dovremmo ridurre sprechi, aumentare il benessere delle persone e quindi anche quello aziendale. Con i dovuti spunti e le osservazioni di ciò che accade nelle nostre realtà, potremmo cogliere finalmente un’occasione per una trasformazione più naturale e meno polemica di come la stiamo vivendo. Avrà dei costi, ma il ritorno dell’investimento credo che sia impagabile.

Del salutarsi da adulti

Pochi giorni fa, in pausa caffè, uno dei ragazzi mi ha detto quanto segue: “mi sono stupito di quanto siano stati vissuti nel buon umore gli ultimi giorni in azienda di Peter”. Eh sì, seppure Peter sia un nome di fantasia, il suo lavoro con noi è terminato dopo pochi mesi. In passato, anche altri componenti del team hanno seguito strade differenti dalla nostra, persone forti e con noi da tanto tempo, e anche in quel caso mi sono chiesto “ha senso scrivere di questi episodi?”. Perché è piuttosto semplice ostentare sicurezza e fierezza quando si ha il vento in poppa, ma che implicazioni ha, invece, la fine di un rapporto di lavoro in cui tutto è fondato sul team building e sul team working?

Questo non è un post che sottolinea chi ha sbagliato cosa o che punta il dito su persone; non vuole esserlo nella maniera più assoluta. Tantomeno cercherò scuse o scappatoie, anzi, le condizioni che si vengono a creare in tali esperienze formative (e lo sottolineo) dimostrano il livello di maturità a cui si è arrivati come azienda, persona e figura responsabile del team che le vive. Attenzione, questo livello non è necessariamente buono, ma almeno si spera che il trend sia di crescita continua.

Quindi, perché scrivo? Semplice, perché dopo aver ricevuto la notizia da Peter ho pensato. Tanto. Ho fatto retrospettiva individuale, ho rivissuto i modi di pormi a lui, ho valutato come lui è stato collocato, seguito e vissuto dai suoi colleghi. Scrivo perché se da una parte ho avuto il dispiacere di veder partire nel tempo altri colleghi, dall’altra faccio un incredibile tesoro delle esperienze.

Per ovvi motivi non faccio alcuna menzione alle motivazioni che hanno spinto i ragazzi ad andarsene ma posso dire che ognuno ha avuto il proprio particolare trigger, ognuno dei quali ha fatto crescere l’azienda. Credo di poter dire che siamo una realtà totalmente orientata alle persone e al lavoro di squadra, che ci sono tanti stimoli tecnici, così come sono fermamente convinto che ognuno dei problemi che ovviamente abbiamo venga sempre affrontato, discusso e risolto nel tempo. L’ascolto per me è fondamentale ed è quello che fa crescere. Ed è proprio grazie a questo che, nonostante talvolta le persone cambino strada, l’azienda si comporta in maniera resiliente.

Ma torniamo alla frase di apertura; come mai è stato tutto normale fino al giorno della fine del rapporto? Come mai non c’è stata guerra e perché mai la persona che se ne sta andando da lì non è un “traditore”? Beh, mi stupirei del contrario, eppure, sembra che qualcuno sia stato etichettato in vari modi quando ha scelto di cambiare in molte realtà.

È stato come ogni giorno con Peter e con tutti gli altri perché, anche se ovviamente siamo feriti (a volte anche in difficoltà), prima di tutto siamo adulti e ognuno di noi è diverso, un piccolo grande universo di idee e di punti di vista. Per quale motivo una persona non deve poter cambiare senza subire un’etichetta? E anche se fosse per motivi che a noi appaiono futili o venali, chi ci giustifica ad essere giudici delle vite e delle scelte altrui? Per alcuni di voi saranno frasi fatte, per altri retorica, fa lo stesso. Posso dire che anche Peter ha fatto di tutto per essere di aiuto fino alla fine e la sua predisposizione e professionalità hanno fatto sì che il nostro rapporto non si interrompesse in malo modo. Noi investiamo in persone e rapporti umani,e se perdiamo nel cammino persone che scelgono di cambiare, beh, preferiamo augurare loro un grande in bocca al lupo!

Agile@School 2021 – La serie completa

Per chi volesse dare una letta alla stagione 2021 di Agile@School qui sotto le puntate. Ogni episodio è dedicato a un personaggio o a un gioco, proprio per la natura del progetto:

Agile@School – Giornata conclusiva

Ultimo appuntamento di Agile@School 2021. Per questa occasione ci racconta l’incontro Alex, una new entry che qualche anno fa prese parte a questa iniziativa proprio come i ragazzi. Siamo finalmente arrivati all’appuntamento che pone sotto i riflettori l’impegno e la dedizione dei ragazzi ovvero i progetti ultimati.

L’idea di fondo proposta era quella di avere una presentazione composta da una panoramica del progetto a 360 gradi partendo quindi dalla descrizione di quest’ultimo per poi procedere con pregi, difetti, punti di forza, difficoltà incontrate e motivi accattivanti per spronare un possibile giocatore ad acquistare il prodotto per poi concludere con la presa visione del progetto e la conseguente prova dello stesso da parte di noi supervisori momentaneamente nei panni di “gamer”.

Presentazione dei progetti

Una volta superata la tensione generale il Team Cromosomi# ha preso l’iniziativa e, anche se non al completo causa assenze, è riuscito a presentare un progetto interessante caratterizzato da un gameplay che assume dinamicità grazie anche al cambio di musica in base alle scelte fatte dal giocatore.
Il gioco è stato presentato su console application e salvo qualche inserimento di dato non previsto non presentava problemi che ostacolassero la giocabilità. Un paio di consigli proposti per migliorare il tutto sono stati l’inserimento di un valore per indicare la vita del giocatore e l’inserimento di immagini che seguono il cambiamento musicale per incrementare il coinvolgimento in game.

A seguire ha preso parola il Team Fisher, team in questo caso al completo.
Presentazione ben organizzata che ha principalmente fatto focus sulle molte tecnologie utilizzate caratterizzata anche da un video realizzato su misura per l’occasione. Ben strutturata anche la storia narrativa che sta dietro al progetto. In questo caso il gioco è stato lanciato direttamente con il proprio eseguibile ed è stato provato dal sottoscritto, che non ha perso tempo per una citazione di alto calibro (infatti ho inserito subito come nome del protagonista della mia partita Rohan Kishibe… ed ho detto tutto). Gameplay con una profonda trama che fa quasi pensare ad un libro-game e che da luogo a una moltitudine di finali raggiungibili variando le scelte del nostro personaggio giocando più volte. Un problema relativo al cambio di musica durante il gioco non ha comunque influito sulla giocabilità in generale.

È stato poi il momento del Team MonkeTeck anche loro al completo.
Idea molto promettente per il progetto di questo team che grazie alla loro presentazione molto ben organizzata hanno centrato l’obbiettivo di dare informazioni che spieghino il processo creativo ma allo stesso tempo attirino il giocatore spiegando il Perché e il Come ponendo anche l’attenzione sul fattore curiosità. Gameplay che si distingue come tema dagli altri avendo come protagonista una nave a scelta che può compiere diverse azioni che possono portare anche alla distruzione della stessa se si azzerano i punti salute. Nota di merito va proprio a quest’ultimo punto, ovvero la vita o salute che finalmente vediamo implementata in uno dei progetti, l’unico fino ad ora. Molto accattivante anche la differenziazione delle statistiche in base alla nave scelta. In questo caso i consigli dati per possibili feature sono stati l’inserimento di immagini o suoni che rendano più coinvolgente la battaglia tra due navi.

Ultimo ma non per importanza è il Team GentsAndLady.py purtroppo in carenza di componenti ma carico abbastanza da sopperire alla mancanza. Presentazione abbastanza esaustiva, anche nel loro caso sarebbe stato ottimo avere una parte dedicata al Perché del gioco ma hanno compensato questa mancanza parlandone direttamente a voce, almeno per far capire a noi l’intenzione che c’era dietro. Anche in questo caso troviamo un gioco in console application preso di mira stavolta da Pier-Paolo, ormai diventato game-tester della giornata che non si è fatto sfuggire l’occasione di mettere qualche dato per far “scoppiare” tutto. Tralasciando piccoli problemi non gestiti nel complesso il gioco segue quanto promesso, quindi la storia di Napoleone in parte romanzata ma che segue un filo logico che permette lo studio giocando più volte.

Fine della corsa

Arrivati a questo punto devo ammettere che siamo stati molto sorpresi e soddisfatti dei ragazzi in quanto nonostante difficoltà, membri mancanti e tester improvvisati rompi scatole sono tutti riusciti a portare a termine un prodotto che, anche se imperfetto, risulta comunque completo.
Anche personalmente sono rimasto particolarmente stupito nel vedere i lavori realizzati dai ragazzi in quanto anche io, giusto qualche anno fa, ero al loro posto e, come loro, avevo realizzato il mio personale progetto con Engage. La differenza che ho notato maggiormente è stata la dedizione riposta in questi lavori. Quando frequentavo la scuola, non c’era questo livello nei progetti ed erano quasi tutti realizzati giusto perché “andavano fatti”. Nel mio caso il gruppo di lavoro era costituito da me :-). La voglia di fare che avevo non era particolarmente condivisa, di conseguenza, seppure non sia stato un progetto rivoluzionario, la mia “chat bella che funzionante tra smartphone e pc” l’avevo portata a termine (soddisfazione alle stelle).
Sono convinto che avvicinandosi sempre di più alle loro passioni si avrà un consenso sempre maggiore a questa iniziativa e una conseguente qualità dei progetti in continuo aumento.

Spero vivamente di poter partecipare nuovamente in futuro proprio per assistere di persona a questa evoluzione e per inserire qua e là qualche citazione di alta classe… Yare yare daze.

Agile@School – Anno sesto, terzo incontro

Arriviamo oggi al terzo appuntamento di Agile@School 2021. Pier-Paolo ci racconta l’attività dal punto di vista della programmazione.

Negli incontri precedenti abbiamo cominciato a tracciare la strada delle attività (come vedremo, non tutte strettamente legate alla programmazione vera e propria) che i ragazzi dovranno svolgere per arrivare al loro obiettivo, cioè rilasciare un videogioco in stile libro-game.

Lungo questo percorso vogliamo insegnare loro non solo gli aspetti “tecnici” di realizzazione di un software, ma anche quello che sta “al contorno” di un progetto di questo genere: parliamo ovviamente dell’approccio Agile – DevOps, quindi tutta una serie di pratiche e cerimonie volte a facilitare la collaborazione, la condivisione delle conoscenze e la gestione dei progetti. È risultato evidente come sia già consolidato l’utilizzo degli stand-up meeting all’inizio di ogni lezione, tant’è che oggi sono stati i ragazzi stessi a proporsi per un veloce aggiornamento sullo stato dei progetti, dal quale sono emersi spunti molto interessanti legati agli aspetti di software selection di cui si era parlato nel post precedente.

Infatti, due dei gruppi che avevano scelto di utilizzare Unreal Engine per la realizzazione del loro progetto si sono resi conto che non avrebbero fatto in tempo a produrre qualcosa di funzionante entro la fine degli sprint: questo non li ha però scoraggiati e, messe da parte le loro preferenze personali, hanno avuto un buon senso di responsabilità nel decidere di intraprendere una strada di sviluppo differente, pur mantenendo intatta la trama principale scelta inizialmente.

Il Team Fisher ha quindi deciso di realizzare il videogioco tramite una web application, fruibile quindi da browser, con l’intenzione di integrare nel gioco dei file multimediali precostruiti. Il Team GentsAndLady-py ha invece deciso di implementare una console application in Java; anche loro hanno dichiarato di voler utilizzare grafica e audio per aumentare il coinvolgimento all’interno del gioco.

In entrambi i casi, tale decisione è stata presa non tanto in base alla difficoltà della creazione del software tramite lo stack tecnologico scelto, quanto alla valutazione delle tempistiche di rilascio del software stesso. Questa a mio avviso è stata una scelta molto oculata, soprattutto se considerata in un contesto aziendale in cui i tempi sono fondamentali forse più che la tecnologia scelta.

Dopo una rapida revisione delle board di ogni team è seguita una parte di suggerimenti e correzioni delle user story inserite dai ragazzi: la scrittura di questi item talvolta non è facile neanche per chi segue le pratiche Agile da molto tempo, per cui era facile aspettarsi qualche sbavatura. Ci aspettiamo che per la prossima lezione le user story vengano migliorate, e soprattutto che vengano utilizzati in maniera più intensiva i task per la suddivisione delle attività.

A questo proposito, una nota positiva viene dal Team Fisher che ha chiesto se fosse corretta la suddivisione delle attività da loro individuate fra più persone in parallelo e l’affiancamento di due persone su una stessa attività di programmazione: non solo questo è corretto, ma è proprio quello che si auspica con l’adozione delle pratiche Agile! E pur non sapendolo (non ne avevamo ancora parlato), ne hanno messo in evidenza uno degli aspetti chiave, cioè il pair programming. Molto bene!

Il resto della lezione è proseguito con l’introduzione del software per il controllo del codice sorgente Git, che però temo non abbia avuto l’impatto sperato. Purtroppo, non siamo stati in grado di effettuare degli esercizi live, un po’ perché non è stato possibile installare il software sulle postazioni usate dai ragazzi, un po’ per problemi logistici (noi e i ragazzi siamo lontani “fisicamente”, chi in classe, chi da casa, e la connessione instabile non permetteva una condivisione dello schermo). Abbiamo comunque chiesto a ciascuna squadra di creare un repository su GitHub, sia per poterlo connettere successivamente ad Azure DevOps e dimostrare come si possano collegare i task alle modifiche del codice, sia per iniziare a caricare i file del proprio progetto.

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Con questo appuntamento si concludeva in teoria il primo sprint, ma fra cambi di tecnologia e necessità di adattamento all’Agile i ragazzi non sono ancora riusciti produrre nulla di significativo, ma non disperiamo, c’è tutto il secondo sprint!

Agile@School – Anno sesto, i progetti

In questo secondo episodio, relativo all’incontro di ieri mattina di tre ore di sessione, ho assistito alla panoramica di ogni progetto. Ricordiamo i team che partecipano:

  • Fisher
  • Cromosomi#
  • GentsAndLady.py
  • MonkeTeck

Ogni team ha avuto la sua idea e ognuno di essi ha dovuto sottostare a tre vincoli: Il progetto deve essere una storia con decisioni e conseguenze (massimo tre), deve avere a che fare con almeno una materia e deve esistere già una tecnologia scelta. Quest’ultimo punto è stato il requisito della giornata di ieri. Ma vediamo come si sono mossi i ragazzi.

Team Fisher

Il team è composto da persone che sembrano essere interessate tantissimo allo sviluppo software, tanto da arrivare a parlare di tecnologie come Unreal Engine e Unity. Questo è il loro pregio e, allo stesso tempo, il loro più grosso problema. Il tempo è poco, e approfondire così tanto da implementare un gioco graficamente pronto è decisamente una missione impegnativa. Ma perché bloccarli? Del resto, non sono sempre stato alla ricerca di un progetto complesso anche io durante il periodo della scuola? L’unico consiglio che ho cercato di dargli è quello di focalizzarsi sull’idea che “Fatto è meglio che perfetto” (Done is better than perfect) e che un prodotto non completo ma “bello da vedere” a volte è meno efficace di uno più semplice, ma terminato e con una storia avvincente.

Fare tante skin di un gioco sempre uguale (e non metto titoli altrimenti rischio di essere insultato) non è sicuramente il modo giusto di avere un prodotto autentico, al contrario di quello che fanno alcuni titoli indipendenti che sono fenomenali in ogni loro parte.

Mia citazione 🙂

I ragazzi hanno le idee chiare e il livello di dettaglio è ampio, spero sinceramente in un grande risultato. E mi aspetto molto da loro, vedremo se non tradiranno le aspettative.

L’idea

L’idea alla base del gioco è quella dietro al “delitto” in un edificio. Si ambienta nella scuola e la modalità con cui si è svolto l’omicidio al centro della storia è basata sulla chimica, la materia inclusa nel progetto.

Team Cromosomi#

Senza saperlo, questo team affronterà una storia molto simile a quella del team Fisher. I ragazzi hanno provato a giustificarsi perché, in effetti, potrebbe sembrare una copia dell’altro progetto, ma li ho subito tranquillizzati e ho provato a far capire loro che è normale avere un competitor sullo stesso business. La loro missione (e anche quella dei Fisher) sarà quella di cercare di creare un prodotto autentico, alla Cluedo, con una sana competizione di mercato. Chissà chi riuscirà a convincermi di più.

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Cluedo, il gioco in scatola

L’idea

Nel progetto, tuttavia, vi sono delle sostanziali differenze. Innanzitutto i ragazzi di questo team hanno pensato alla censura, proponendo due soluzioni, una per i maggiori di 15 anni e uno per i minori di tale età. Il contenuto si adatterà a scenari meno violenti per essere esteso a più realtà, non male come idea. Poi, ogni stanza verrà trattata con una materia differente, il che rende il progetto interessante anche a livello multi disciplinare. Avremo una stanza di storia, una di inglese, e via discorrendo, con vari quesiti ed enigmi su cui si baseranno la decisione.

Il consiglio che ho dato loro è di cercare di avere quanto prima le idee più chiare di ora, perché sembra esserci tanta carne al fuoco ma non una vera e propria idea definitiva.

Team GentsAndLady.py

I ragazzi in questo caso hanno deciso di affrontare la storia di una vita estremamente popolare: quella di Napoleone Bonaparte. La materia, ovviamente, storia. Si tratta di una serie di scelte che sono focalizzate ad orientare chi gioca verso la formazione di uno degli argomenti più importanti del nostro passato. In questa linea del tempo vengono affrontati i momenti salienti del personaggio e il giocatore vive il tutto impersonando proprio il condottiero francese. Un ottimo punto di vista!

Il consiglio che ho dato ai ragazzi è quello di cercare di aggiungere piccoli spunti non per forza reali per confondere il giocatore, in modo da non far semplicemente rivivere la vita di Napoleone, bensì di indurre all’errore l’utente finale, senza stravolgere la storia ma, di fatto, rendendo ancora più interessante il prodotto finale.

L’idea

Immaginate di essere proprio Napoleone e di trovarvi a determinare come affrontare una delle sue battaglie più famose. Come vi comportereste? Che succede per ogni possibilità? Ecco, questa è l’idea dietro al gioco, dal quale spero di vedere tante interazioni interessanti.

Team MonkeTeck

Qui si passa ad un argomento completamente diverso: la navigazione. Interessante vedere come i ragazzi abbiano improntato tutto in mare, con un percorso definito che porta ad un successo di una missione o al suo totale fallimento. Purtroppo il team aveva pensato di arricchire di attributi ogni personaggio, tuttavia il consiglio che ho voluto dare loro è quello di fare attenzione ad aggiungere troppe caratteristiche, poiché ogni personaggio si sarebbe trovato una programmazione completamente diversa dall’altro, e oltretutto molto più complessa. Meglio tenere semplicemente il concetto di “energia vitale” che può calare o aumentare ad ogni snodo della storia.

L’idea

Questa è sicuramente l’idea più personale. Il personaggio è una nave (selezionabile) e ogni nave può effettuare una missione proprietaria, durante la quale può perdere o acquisire risorse di vario genere per essere “pronta” nello step successivo. Molto interessante!

Conlcusioni

Come potete ben capire sono molto emozionato, per vari motivi. Il primo su tutti, ho un sacco di aspettative dai team. Successivamente, ho notato un interesse immediato grazie all’argomento che quest’anno ho deciso di trattare: il mondo videoludico. Oggi un videogame non è più qualcosa che serve solo per passare il tempo, si tratta di un industria enorme che da lavoro non solo dall’interno (vedi architetti software, designer, sviluppatori, e altre figure classiche aziendali) ma anche a chi “gioca”. Lo scrivo tra virgolette perché oggi è possibile essere anche atleti. Gli e-sports stanno spopolando e ormai, volenti o nolenti, sono il fenomeno delle nuove generazioni. C’è tanto altro su internet, come la parte di youtube, twitch e simili. Si tratta del mondo del contenuto online, live o registrato che sia. Questo è il mondo che oggi sta volando e chissà che declinazioni prenderà anche a breve termine. A proposito di questo vi consiglio vivamente questa serie di Rudy Bandiera: The Gamer.

Io spero di poter aiutare questi ragazzi a vivere l’informatica per quello che è a mio avviso: uno strumento che necessita di organizzazione, tenacia e creatività.

Agile@School – Anno sesto

Siamo ancora in pandemia. Abbiamo una buona percentuale di vaccinati, ma ancora dobbiamo avere a che fare con relazioni in remoto. Lo stesso vale per il nostro amato e inarrestabile progetto: Agile@School. Siamo arrivati al sesto anno consecutivo e questa volta, con un’idea orientata al mondo videoludico.

Non a caso l’immagine di copertina richiama uno dei giochi punta e clicca più conosciuti di tutti i tempi, col quale ho perso ore e ore nei pomeriggi della mia adolescenza: The Secret Of Monkey Island tm.

Il cosa

“Facciamo un gioco, sì, produciamolo. Pur semplice che sia, ma creiamo qualcosa di nostro”. Questa è la missione che i ragazzi hanno quest’anno. Il tipo è quello della saga di “Lupo Solitario” (Lone Wolf), un famoso libro game di qualche tempo fa. Abbiamo deciso di far fare agli studenti un piccolo motore basato su “decisioni –> conseguenze”, un grafo in cui una storia viene sviluppata e diventa la strada di un personaggio con una semplice caratteristica, l’energia vitale.

Il come

Decidano i ragazzi. C++? Java? Angular? Javascript? Python? Quello che vogliono. Ci sono solo tre vincoli:

  • La storia deve essere derivata dal programma di una materia, anche per coinvolgere altri professori.
  • La storia deve essere un’avventura semplice, per arrivare ad un lavorato funzionante in un solo mese.
  • Le scelte possibili devono essere al massimo 3, con altrettante conseguenze: avanti senza subire danni, avanti subendo danni, fine del gioco prematura (fine energia vitale improvvisa).

Gli strumenti

La gestione del progetto sarà in Agile, e con SCRUM. Per implementare la parte di gestione, abbiamo creato 4 team con altrettanti backlog, solo Product Backlog Item e Task. Utilizzeremo git come source control manager e, in generale, ogni editor di codice legato alla tecnologia scelta dai ragazzi.

Infine, le presentazioni prevedono un piccolo video, una serie di mock grafici nell’arco del progetto e una bella demo del software alla fine di tutto.

I team

I ragazzi hanno già scelto i nomi dei team:

  • FISHER: “perché abbiamo tutti un soprannome comune che richiama tale nome”
  • CROMOSOMI#: “un joke per il linguaggio C++”
  • MONKETECK: “due parole, e la seconda per esprimere senso di tecnologia”
  • GENTS&LADY.PY: “gentlemen e una ragazza, in python, o almeno ci proviamo”

Ogni team è di 5/6 persone e le figure che abbiamo identificato sono:

  • PO: product owner, uno per team, che si riferirà a me per lo stato dei lavori (non dimentichiamo che io sono il cliente del gioco).
  • Marketing: figura che curerà la presentazione.
  • Tech lead: figura che seguirà le implementazioni anche a livello decisionale, riferimento di Pier-Paolo, che anche quest’anno sarà il loro appoggio tecnico.
  • Developer: chiunque partecipi al progetto e sviluppa parti del gioco

Insomma, ci sarà da divertirsi. Aspettatevi qualche post nel breve, perché i ragazzi hanno già iniziato a buttarsi a capofitto nel progetto. La passione sembra averli abbracciati.

Stay Tuned!

Engage Stories – digest 1

Come promesso, ecco la prima tranche di #EngageStories:

Altre interessanti storie, sempre in Engage, qui:

Our 2021

Everyone was waiting for this 2021, 2020 has been one of the worst year ever due to the Coronavirus pandemic. We need to start from scratch, both for relationships and professional development.

Due to the COVID-19, I have lost relatives and also some of my relationships with my fellows. From a professional perspective, I’ve travelled less, worked mostly in remote-working and I’ve invested in making our daily work in our company smarter. Anyways, we’re speaking about two sides of the same coin: trouble Vs opportunity.

For tech companies, the crisis has been a great opportunity. The disease has triggered (forced to be honest) a set of unstoppable changes. This is true also for Countries’ governments, school, services in general. At the same time, many small businesses and craftsmen stopped working due to lack of consumers. The world is changed and is going to change more and more. The change is killing someone and is testing severely the resilience of the others.

Luckily, our company is still alive and we are growing. I’ve learned many lessons in terms of recruitment, team management, tech stuff, project management. I’ve started to change my mind about multi-tasking and I’ve switched from many things at “the same time” to “the right number of things well managed” (but not only one 😉 I’m not yet able to follow such pattern).

We have dealt with the second big step of scaling out. Our organization is becoming bigger and more structured. The model is still flat, but now each individual is in charge of a single role. As a result, the quality of the product is improved, people are more focused and committed, but on the other hand, the time to market has increased. We have added a new role, which orchestrates the projects into the roadmap, increased the number of POs, created an R&D department, and fully involved Operations guys into the lifecycle (thanks Wikis!). All this stuff has been the game-changer for us.

It’s been so difficult to learn and cover so many topics, but we’ve accomplished our mission. Now we’re ready for the next year with many ideas. We already know that our team will grow more, and we’ll require new approaches. We know that we will deal with teams in different timezones and languages, so what is “smart” now, must become “smarter” tomorrow. Exciting, for sure!

Why am I writing this post? Not just to wrap-up something that happened this year. I would share with you that, starting from February 2021, Engage Labs (this will be our new name) will publish our guys’ blog posts periodically (in Italian language). Our great team will cover many topics, like professional development, lessons learned in the company, technology, and so on. We are a DevOps oriented organization and we would like to let our guys describe themselves.

So, stay tuned😉

Engage stories

Come promesso, sta per partire una nuova serie, chiamata Engage stories, in cui il team di Engage tratterà tanti argomenti, come lo sviluppo professionale e la carriera, le lezioni imparate sul campo, le impressioni derivanti dal cambiamento che ognuno ha dovuto affrontare, e via discorrendo. Siamo un’azienda orientata alla cultura DevOps perciò daremo spazio ai nostri ragazzi affinché raccontino qualcosa che, sperabilmente, sarà interessante per chi lavora nel settore informatico.

Benvenuti in Engage stories!

Stay tuned 😉