Gestire l’on boarding con le wiki di Azure DevOps

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Mai come negli ultimi tempi, ho iniziato a fare analisi riguardanti l’on boarding dei nuovi assunti in azienda. Per noi la parte di ricerca del personale e il conseguente percorso iniziale con il team sono argomenti di massimo interesse. Del resto, il futuro è basato per la maggior parte su come ci si muove fin dai primi istanti.

Devo essere sincero, fin dalla sua nascita, l’azienda è stata fatta sempre e solo di tecnici e, in quanto tali, abbiamo sempre dato molto peso all’approfondimento delle tecnologie e delle pratiche legate al mondo dello sviluppo.

Poi qualcosa è cambiato. Abbiamo iniziato a ragionare in termini davvero people-first, anche per necessità di crescita. Già dopo un paio di anni abbiamo iniziato ad assumere al di fuori di quel contesto costruito praticamente su amicizia e conoscenze comuni. Di recente, poi, è arrivata una crescita del personale del doppio delle unità e da qui la necessità di affrontarelne la selezione ancora più in maniera oculata e precisa.

In ogni punto del ciclo di vita aziendale abbiamo qualcosa definito in wiki.
[…] oggi le wiki sono piuttosto complete anche se, probabilmente per un tempo limitato

Insomma, l’on boarding diventa un momento in cui investire, non solo per chi deve crescere in quell’istante, ma anche per chi deve preparare materiale per il futuro e per chi arriverà. Per noi, il “dove” in cui mettere il sapere è la wiki di Azure DevOps. Una delle nostre principali alleate, tutti i giorni.

Come utilizziamo la wiki

In ogni punto del ciclo di vita aziendale abbiamo qualcosa definito in wiki. L’on boarding é il primo capitolo di uno strumento che accompagnerà i membri dei nostri team ogni giorno. L’elenco delle cose da avere, il nostro welcome kit, è anch’esso su di una pagina wiki che illustra a chi è stato assunto gli strumenti e gli accessi disponibili. Da lì, un “get started” fornisce gli step per creare la propria workstation e avviare la nostra piattaforma, come gira effettivamente in produzione, solo più effimera.

Di certo, ora è semplice a dirsi, l’implementazione degli strumenti descritti, come gli script di automazione del provisioning della sandbox o del database su container, ha richiesto anni di osservazioni e miglioramento continuo. Per cui solo oggi le wiki sono piuttosto complete anche se, probabilmente per un tempo limitato. Tuttavia, quando si entra nel mood del “continuous” è tutto all’ordine del giorno.

Per usufruire di questo vantaggio però, è necessario avere nel DNA aziendale concetti di cambiamento e miglioramento continui

La documentazione dei processi

Documentare un processo aziendale tramite una wiki può essere visto come un costo, soprattutto quando l’azienda cambia non poco spesso. Ma la wiki in sé non può definirsi tale, anche perché si trasforma subito in un ritorno dell’investimento non appena consumata dalle persone che lavorano in azienda. Per usufruire di questo vantaggio però, è necessario avere nel DNA aziendale concetti di cambiamento e miglioramento continui. Se si prevede nelle proprie pipeline di sviluppo una parte di wiki (attenzione, documentazione non di progetto semplicemente, ma di processo e di tutto quanto è il sapere dell’azienda) esso poi, col tempo, entra nel DNA di tutti e anche chi diventa il tutore di chi inizia il percorso con noi passa il modus operandi ai propri adepti, rendendo, di fatto, il procedimento inarrestabile. Uno di quelli di cui non si può più fare a meno.

Un modus operandi alla portata di tutte le realtà

Credo che questa abitudine sia assolutamente alla portata di tutti ma, allo stesso tempo, applicabile dipendentemente da vari fattori.

Partire daccapo ed ereditare situazioni

Per chi ha la fortuna di iniziare qualcosa daccapo, come un progetto o una migrazione culturale, direi che basta iniziare col piede giusto. Chi eredita, invece, situazioni Legacy, non orientate ad un approccio iterativo come vale per DevOps o Agile, potrebbe avere non pochi problemi. Perché comunque si parla di mindset.

Per ottenere risultati da un procedimento di questo tipo è necessario prima abbracciare la cultura del cambiamento e del miglioramento continuo. Se non si è pronti a ciò, il rischio è quello di avere una bella wiki all’inizio, derivante da un progetto dedicato alla sua creazione, e poi trovarsi a definirla obsoleta in poco tempo. Qualcosa di cui fare manutenzione che fa solo perdere tempo e, di conseguenza, che fa perdere fiducia nello strumento, nel suo utilizzo e nella metodologia.

Innestare tutto quanto nel processo di selezione del personale

Avendo una wiki per come fare le interviste e i colloqui, sia per la parte attitudinale sia per la parte tecnica, risulta tutto molto naturale. Gli stati della pratica di assunzione sono su di una board di Azure DevOps, in cui viene seguito il procedimento completo, dalla ricerca, ai colloqui, all’assunzione, alle licenze e fino alla burocrazia. A supporto di questo, gli step indicati sulla wiki alla sezione “hiring”, dedicata ovviamente all parte di assunzione. Come è facile capire, gli strumenti sono a supporto di una radicata cultura orientata all’organizzazione, nell’ottica di ridurre gli sprechi e le perdite di tempo, portando, di fatto, valore aggiunto tramite ogni cosa che si fa. O almeno ci si prova.

Crescita professionale e futuro della persona

Anche per questo abbiamo, guarda caso, wiki che descrivono come la persona verrà accompagnata e come pian piano, o meglio, nei tempi che il “tutore” decide essere consoni, crescerà. Proprio adesso stiamo lavorando ad una sezione in cui si gestisce parte del mantenimento del rapporto, la crescita professionale in generale e le posizioni aperte in azienda, tramite un organigramma che mostra cosa manca e cosa abbiamo. Personalmente, tengo allineate wiki private su progetti dedicati nelle quali vi sono i punti salienti dei nostri one-to-one trimestrali. Come viene fatto un incontro one-to-one è ovviamente descritto in wiki, tanto per cambiare.

Conclusioni e suggerimenti

Come per ogni cosa che metta in relazione uno strumento con un modo di procedere più culturale, è fondamentale che si parta dalla cultura, appunto, e che lo strumento sia un efficace supporto. Consiglio di cercare strumenti per fare wiki che siano vestiti sui vostri processi, in modo da evitare inutili sprechi di tempo. Considerate che ci sono voluti anni nella nostra realtà, che praticamente è nata su pilastri DevOps e Agili.
Inoltre, la wiki non deve essere un trattato approfondito di tutto lo scibile aziendale. Preferite la formula “bullet point”, quindi liste, piuttosto che scrivere paragrafi infiniti. E preferite che tutti possano proattivamente metterci le mani, in fondo è l’approccio giusto.
Legato anche al punto precedente, una wiki non dovrebbe essere una perdita di tempo. Se passate più tempo a gestirla significa che qualcosa non è corretto. Più cose non salienti scriverete, più cose potenzialmente cambieranno e quindi dovranno essere verificate e modificate. Va dosato il rapporto costi/benefici.
Infine, una volta entrati nel mood, valutare anche di usare non solo le wiki per documentare processi, ma anche quelle di codice, per sfruttare i repository al meglio, come vale per i repo GitHub. Con Azure DevOps questo è praticamente naturale.

Insomma, le wiki possono essere viste come un potentissimo strumento a supporto dell’organizzazione aziendale, anche per dare un’immagine della propria realtà in totale trasparenza e in accordo con il lavoro di tutti i membri dei team e dei dipartimenti. Una vera alleata.

La nostra battaglia più dura

Sono passati mesi dall’inizio della missione ristrutturazione aziendale e ormai si vede bene la fine dell’anno. Negli ultimi tempi abbiamo affrontato una crescita aziendale non indifferente, non solo dal punto di vista delle persone, ma anche dei ruoli, dei dipartimenti e della cultura necessaria alla crescita stessa.

Nonostante la considerazione non possa essere definitiva, visto che continueremo a crescere ancora anche per tutto il 2022, posso già affermare che questa quest (glossario da gamer) è stata, e probabilmente sarà, una delle più complesse affrontate nella mia vita professionale. C’è tutto dentro: organizzazione, approccio filosofico/culturale/etico/economico, analisi dei dati, misurazione delle metriche di team, tecnologia, e via discorrendo. Ma alla base, sempre e solo una cosa, le persone.

Mi ricordo con nostalgia quando il mio lavoro era pensare “chissà se i miei test sulle performance rispetteranno i risultati che mi aspetto in produzione” o “come posso scalare con il tal SQL server” o ancora “voglio sistemare quella stored procedure per ridurre il tempo di risposta”. Era comunque molto impegnativo, vero, e senza studio e ricerca costante gli obbiettivi non si raggiungevano. Però era piuttosto deterministico. Diciamo che con un relazionale in certi casi hai quel dipende che i fan delle regole scolpite non digeriscono, ma era ancora macchina, software e tecnologia in generale. Oggi il mio lavoro è cambiato, un po’ per necessità, ma anche, in parte, per piacere e per sfruttare meglio la mia forma mentis, tutto sommato orientata all’organizzazione e all’ottimizzazione.

Scrivo questo post per condividere alcune riflessioni su quanto sia importante muoversi bene in contesti di migrazione come quello che stiamo vivendo, contesti in cui anche l’influsso di cambiamenti radicali a livello sociale (vedi pandemia) ci pone di fronte a scenari del tutto nuovi, con sfide non previste e difficoltà mai avute.

In passato molti di noi bramavano la possibilità di lavorare in remoto, di avere trattamento e approccio smart, di essere più indipendenti da tempo per ragionare ad obbiettivi. Oggi, alcune di queste condizioni sono fisiologicamente diventate uno standard, per la maggior parte accettate come nuovo modello. Altre hanno toccato l’esagerazione, come il non vedersi più di persona nemmeno quando possibile/importante, il numero delle call conference, il fatto di avere tutto e subito, sempre online. E ora, il metaverso (concetto che io ricordo dagli anni 90 da un romanzo intitolato Snow Crash) e tutte le innovazioni che, come la storia ci insegna, vengono idolatrate e demonizzate da chi, rispettivamente, vede solo vantaggi o tragedie apocalittiche. Oggi, comunque, abbiamo la gara a quello che va di moda e i social sono la monoposto con cui parteciparvi.

Ma crescere e cambiare vanno ben oltre questo. Quando abbiamo dovuto agire per predisporre un nostro percorso, non dormivo la notte, per paura (che ho tutt’ora) di una implosione aziendale e/o di non essere all’altezza. Il primo problema è stato avere una deadline stretta, che ci ha dato un ritmo atipico per fare selezione del personale. Per fortuna, la possibilità di lavorare da remoto con pochi requisiti di presenza ci ha dato il quid per venirne fuori egregiamente, visto che il resto è già people-first fin da quando abbiamo avviato l’attività. Le persone aggiunte seguono tutte i nostri principi, e non potremmo scegliere diversamente, pena “non remare tutti nella stessa direzione”.

Ma il vero problema, che é quello per cui ho fatto più fatica e che tuttora mi tiene sotto battuta, è stata la scalabilità dei nostri processi in essere. Ah, come funzionavano bene quindici persone fa! Da qualche tempo, invece, ogni cosa aveva iniziato a rallentare, si avevano stalli continui, la consapevolezza trasversale calava sempre di più e le prime reazioni precipitose rischiavano di portare a figure gatekeeper. Forse è naturale arrivare a ciò nella mente di tutti noi, a prima vista. Ma per chi crede nei principi della cultura DevOps e osserva più a lungo la situazione, questa non può essere la soluzione.

Ed è qui che abbiamo deciso di cambiare seriamente. Nessuna reorg, nessuna variazione all’organigramma. La gerarchia è rimasta piuttosto piatta, e non ci siamo fatti sopraffare dalla voglia di adattare il software sulla base della struttura aziendale (Team Topologies e la legge di Conway). Al contrario, abbiamo aggredito i problemi uno ad uno, cambiando a volte il processo, altre volte le abitudini. Abbiamo incluso persone nuove, con tanta esperienza sia con lo strumento (Azure DevOps) sia con le migrazioni culturali in realtà ben più grandi della nostra, abbiamo destabilizzato, di certo, ma stiamo già percependo i risultati. Per non dimenticare che l’appoggio del mio socio Michael Denny è stato indispensabile. I principi condivisi dall’azienda partono, in fondo, da noi due.

È importante avere una cultura aziendale condivisa in termini DevOps, ancor prima di pensare a qualunque strumento o prodotto. E non basta il coraggio, non serve il controllo gerarchico, ma un vero team di persone affiatate e pronte all’adattamento

La prossima retrospettiva verrò certamente rimproverato per l’impeto e la spinta rivoluzionaria, insieme a chi ha fatto sì che questo accadesse (il collega e amico Michele Ferracin, che mi ha consigliato anche il libro di cui sopra). Non potrò dare torto a chi lo farà; i cambiamenti fatti, forse, potevano essere affrontati con meno foga. Il fatto è che il processo antecedente alle modifiche non sarebbe più stato sostenibile e il rischio sarebbe stato quello di incappare in scelte da punto di non ritorno. Ho trattenuto il fiato e, credetemi, rispetto al quantitativo di variazioni, sono stato praticamente trasparente.

E ora? Beh, abbiamo una kanban board ben fatta, che rispecchia perfettamente un processo semplice, meno stati, meno informazioni inutili, meno dispersione e più consapevolezza trasversale. Certo, dobbiamo pulire gli arretrati, ma il peggio é passato. Siamo anche pronti a ridurre il numero di strumenti, perché essi sono stati semplicemente un supporto per la nostra cultura, sempre molto forte.

Con questo post, in conclusione, volevo sottolineare quanto sia importante avere una cultura aziendale condivisa in termini DevOps, ancor prima di pensare a qualunque strumento o prodotto. Senza questa radicata visione, la nostra azienda non sarebbe mai riuscita a reggere la crescita fino ad ora, né tantomeno a cambiare radicalmente pur mantenendo senza implodere. E non si tratta di hard skill, ma di un duro e prolungato lavoro di persone che remano dalla stessa parte, da oggi ancora più in maniera coerente e sincronizzata. Non basta il coraggio, non serve il controllo gerarchico, ma un vero team di persone affiatate e pronte all’adattamento.